Se ne è andato il profeta del Wargames

ConanMentre mi accingevo a scrivere i saluti per il sito, ci è arrivata l’incredibile notizia della morte improvvisa ed inaspettata di uno dei collaboratori di Lucca Games di sempre: Valerio Laurenzi che tutti conoscevano come Conan.

 

E ho detto incredibile non a caso perché chi conosceva Valerio (e tra i visitatori di Lucca erano in migliaia) non può pensare che quell’omone allegro e sanguigno, quel pirata dal cuore tenero, quel carismatico profeta del wargame non ci sia più.

 

Come tutti coloro che si occupano di ricostruzione storica e impegnano sul tavolo da gioco a colpi di dado e strategia eserciti di miniature (lui, schietto e diretto com’era, li chiamava giustamente soldatini), Conan, era la persona più pacifista del mondo. Ed anche pacifica, magari nel modo in cui potrebbe esserlo un Bud Spencer con la tonaca da missionario impegnato a propagandare la sua fede nel wargame. Non che abbia mai imposto qualcosa a qualcuno con un cazzottane, per carità! (almeno che io sappia), ma avrebbe potuto farlo perché le fisique du rôle ce l’aveva. Ma era una persona buona e questo a volte qualcosa gli è costato: la sua visione dell’hobby era semplice, schietta e diretta come lui (e non poteva essere altrimenti), era votato alla promozione del gioco storico e sapeva come suscitare l’interesse dei neofiti ed arrivare diritto al cuore con la sua prorompente e coinvolgente carica comunicativa, arrivando dove molti “scienziati” del wargame non sarebbero mai (e non sono) mai giunti.conan vs perry

 

Per questi alcuni professorini lo snobbavano, forse perché da ragazzo si era formato nella strada o attraverso il lavoro giovanile, anziché in un liceo o in un’università. Eppure Valerio era un vero studioso, non solo un semplice appassionato di storia, una persona che Conanquando si occupava di un determinato periodo storico ci entrava dentro con tutto se stesso, sviscerandone tutti gli elementi che andavano ben oltre il campo di battaglia e facendo sempre emergere gli uomini alle prese con una delle più grandi e costanti tragedie dell’umanità, la guerra, e su come essa influenzasse o stravolgesse la loro vita.

 

Oltre alla sana goliardia, parlare con lui era un piacere per gli occhi e per le orecchie, sia quando sviscerava le tattiche di guerra degli Hussiti boemi, che quando ricordava i suoi primi soldatini di plastica, con i quali – molti anni dopo – aveva coinvolto la paziente e devota (è troppo?) moglie Liliana in una battaglia sul pavimento della loro casa di giovani sposi. Senza contare le innumerevoli volte che – associandosi spesso a parroci o maestri lungimiranti - si era impegnato senza clamori nell’utilizzare il gioco come momento associativo per trarre fuori dalla strada i ragazzini più disagiati.

 

Io l’avevo conosciuto giusto vent’anni fa, durante un torneo di wargame medievale, e da allora  è entrato a far parte della mia vita, ma di questo non voglio parlare perché raccontare di amicizie, sentimenti ed emozioni è sempre difficile, a volte inutile e spesso solo una sterile esibizione di vanità.

 

Io lo ricordo com’era, anzi com’è. Si dice che i vecchi soldati non muoiono mai, a maggior ragione non morirà un vecchio soldato pacifista come lui. E’ soltanto andato da un’altra parte.

Per un poco, per sempre, chissà.

Avrà deciso con la sua testa. Come sempre.

 

Renato Genovese

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